Poltrone e… sofferenza

Il medico della mutua, L. Zampa, 1968

Sala d’aspetto affollatissima. Il primo pensiero è che non uscirò da qui prima di mezzanotte. Inevitabilmente mi assale lo sconforto misto a malinconia.
Intanto arrivano altre persone. Pare di essere nelle corsie di un ospedale una mattina di ordinario caos. Il fatto è che siamo in una clinica privata.
Lo sconforto aumenta quando l’anziana signora si lamenta ad alta voce di non farcela più, che è lì dalle due del pomeriggio e sono le… 18,30!
Considerando la “paziente” attesa dei miei simili, il professore come minimo è una specie di Padre Pio… farà ‘e miracoli! Questo pensiero mi consola. È la prima volta che lo affronto… ammesso che resista alla situazione. Ma ho già pagato 150 euro… resisterò per forza! Cazzo 150 euro per tutta questa gente… Quanto tira su a fine serat… Che pensiero meschino, suvvia!
L’unica cosa che farò è cambiare il grattino del parcheggio, che scade… è scaduto! Pensavo di farcela con dueoresetteeuri… e dove li prendo gli euri mò?!
Non si sa perché in questi luoghi l’aria condizionata funzioni a spot… Praticamente a cazzo. Per cui a volte sudi freddo e a volte sudi da fare schifo.

Ma ecco che, nel momento di massimo cedimento della mia pazienza già finita due ore fa, si alza la voce del vecchietto a placare il vociare degli astanti:
“Menu male ca sti poltrone songo ‘e fierre… Pecchè si erano a divano m’ero fatto già quatte-cinche ore ‘e suonno!”
Eh sì. Meno male!