Andrà tutto bene?

Comincia a diventare pesante!
Anche solo immaginare di poter continuare così fino al 14 aprile. E poi? Da ieri sera il mio stato d’animo è cambiato leggendo il nuovo decreto del Governatore De Luca. In realtà era già cambiato leggendo la sua lettera a Conte del giorno prima. Paventa il disastro. Anticipa il collasso.
Mi rendo conto che sopraggiunge l’avvilimento.
E non potrei dire come si possa affrontare questa realtà con un atteggiamento negativo, ma neanche come ribaltarla con lo sforzo collettivo che tutti stiamo facendo: con i flash mob dai balconi o in diretta social, con le torte, le pizze, il pane che ci facciamo in casa con o senza lievito… con o senza mostrarlo in diretta al mondo intero, col tentativo di far proseguire l’anno scolastico online solo ed esclusivamente per la buona volontà di qualche docente.
Fino ad ora questo “tempo nuovo” mai vissuto prima e neanche lontanamente immaginato, ci ha imprigionato col suo bastardo fascino dell’imprevedibile. Ma sì, cambiamo tutta la nostra vita… o meglio, ciò che avevamo previsto da qui a… un mese! Va bene un mese?!
Temo che per questa “quarantena” dovremmo inventare una nuova parola: cinquantena, sessantena, novantena…
Boh!?
Tutto così vago, incerto. Da questa vacuità nasce stamani una specie di smarrimento. Credo naturale. Antico duello tra la volontà di farcela e la consapevolezza che non dipende più da me. E questo non è avere o no capacità di “resilienza”, ammesso che questa parola abbia un senso! Resistere psicologicamente alle difficoltà oggettive della vita, sfidare gli eventi negativi che s’incontrano sul proprio cammino, persistere, persuaso che le difficoltà sono momentanee, circoscritte e che tutto può essere letto come una sfida, un’opportunità più che una minaccia… e che in fondo c’è sempre la speranza di potercela fare… sono cifre insite nel percorso di vita che ognuno ha fatto. Quindi questo atteggiamento psicologico o la tieni o non lo tieni… Non è che si applica alle situazioni ed a seconda di esse!
Qui, ora, mancano i respiratori, i posti letto in terapia intensiva, la gente muore di fame sola nelle proprie abitazioni, di freddo in un riparo d’occasione, muoiono medici ed infermieri costretti a fare la guerra (come piace definirla, ma la guerra è un’altra cosa!) senza armi (se è una guerra!), senza le retrovie che diano il cambio alla prima linea (se è una guerra!)… E c’è chi è lì a fare il proprio dovere: cassiere, camionisti, addetti alle pulizie, postali, operai della filiera agro-alimentare… sottopagati, sfruttati, AVVILITI.
Non dipende più da me questo resalio!
La barca è capovolta, ma siamo in tanti a doverci risalire sopra. E non basta che tutti applichiamo il nostro sforzo nella stessa direzione che assecondi il mare in tempesta, le correnti, la direzione del vento.
Possiamo cantare, scrivere poesie, affacciarci ai balconi e fare pizze… Andrà tutto bene.
Ecco, semplicemente stamattina comincio a rendermi conto che, mentre lo dico, il tono della mia frase è mutato e l’accento batte sulla e di bene!