Lotta di classe

Ne usciremo diversi!
Questo è il pensiero comune che puoi ascoltare parlando con coloro con i quali si mantengono ancora contatti. A distanza, ovviamente. “Sono caduti tutti i nostri stereotipi“, ha detto Bergoglio durante la sua benedizione in una piazza San Pietro vuota. Sì, ho pensato, è davvero così. Crollati. Siamo messi a nudo. Senza trucco, senza protezione, come funamboli in equilibrio precario che fanno fatica a non vacillare…
E in questa tremenda sensazione di uno spazio cieco, tagliato fuori, dietro a quello riempito, in questa metà che continua a mancare, sebbene tutto sia già un intero, si scorge finalmente ciò che chiamiamo anima.
Forse è alle parole di Musil che ci attacchiamo, anche inconsciamente, per immaginare che ne usciremo diversi… con un “anima”. Però…
Però è evidente da quel che si legge e percepisce in queste ore, che:
– gli stronzi rimarranno sempre stronzi, ma li avremo identificati chiaramente e senza più il minimo dubbio;
– gli ultimi resteranno ancora più ultimi, raggiunti dai penultimi e dai terzultimi.
Incomincia a farsi strada il malessere, non solo fisico, non solo figlio delle nostre abitudini sospese (niente parrucchiere, estetista, pizza del sabato, serate ape, fine settimana, palestra, teatro, concerti…), ma un malessere legato alla differenza di ceto sociale al quale si appartiene e che il maquillage di questi anni ha resto meno netto.
Fino ad ieri chi poteva andarsene a Saint Moritz e chi al centro commerciale il sabato sera avevano le identiche prospettive (trascorrere il fine settimana fuori dal lavoro); chi poteva farsi le unghie nella migliore estetista della città e chi col fornetto in casa o da qualche improvvisata manicurista avevano le stesse mani…
Non sarà più così. Nei prossimi giorni ci sarà chi non potrà comprare il necessario per mangiare, sopravvivere, per sé ed i figli. Anche tra gli operai: chi lavora e chi no e dovrà attendere la cassa integrazione per avere in tasca “qualcosa di soldi”! Chi potrà fare la scorta alimentare spendendo 50 e chi potrà strariempire il carrello della spesa!
E c’è – ci sarà – a chi fanno il tampone in casa e chi dovrà attendere giorni e giorni, magari buttato a terra in un corridoio di ospedale. Chi si potrà curare con gli antivirali a casa propria e chi no.
C’è – ci sarà – chi vive questi giorni in 3-4-5 in un basso o in una casa di periferia di pochi metri quadri e chi può farlo in un appartamento dignitoso. E la cosa si fa pesante, dura, esasperante.
Ed allora, il modo per uscirne diversi sarà frutto anche (non solo, prima salviamo le vite umane!) di una nuova lotta di classe, dove i beni non saranno più considerati per la loro funzione di segni distintivi, ma per la loro capacità di soddisfare bisogni.
Ne usciremo solo, come scriveva Sartre, “avendo un progetto comune da compiere insieme”.