Cuccurucucu Paloma

Pare che negli Stati Uniti siano in aumento le separazioni tra coniugi. Gli avvocati divorzisti vengono chiamati nel cuore della notte per avere consigli ed avviare pratiche stante la condizione di lockdown.
Ci si separa anche se costretti alla convivenza.
Anzi, si potrebbe dire che, ci si separa proprio in virtù della convivenza forzata!
Eh sì, perché una coppia, generalmente, tolto il tempo del sonno, quanto starà insieme durante una giornata? 3-4 ore? Forse di meno? In molti casi neanche per pranzo. Dipende dal lavoro.
L’aumento esponenziale del tempo-insieme genera insofferenza mettendo a dura prova il rapporto di coppia. E facendo cadere definitivamente quelle che hanno già alle spalle qualche “problema”. Vedere il marito tutto il giorno in tuta, ciondolare tra cucina e divano, non serve neanche a stimolare la passione, il desiderio, spesso l’antidoto di un rapporto claudicante. I primi giorni poteva essere anche divertente cucinare assieme, guardare un film assieme, fare la lista della spesa assieme… Insomma tutto quell’assieme non abituale. Poi, se lui ti passa dietro mentre sei in conference call col tuo capo o coi colleghi, o mentre fai lezione ad una classe di ragazzini, non è uno spettacolo che ti rende felice, diciamocelo.
E naturalmente il discorso vale anche al contrario.
La presenza di figli poi non fa altro che acuire le tensioni. Perché anche nei loro confronti il tempo trascorso insieme ha, come dire, meno qualità in presenza di una più quantità. Trovare l’equilibrio non è semplice. L’equilibrio tra l’esasperazione che si sta man mano impadronendo di ognuno di noi col passare dei giorni, e quello di coppia, di famiglia. Esasperazioni individuali che devono fondersi e creare armonia. Praticamente un ossimoro. Perché esasperazione+esasperazione+esasperazione come potrebbe produrre qualcosa di “normale” quantomeno!?
Ma ciò vale anche per le coppie che non convivono. Quelle abituate alla distanza, a non avere cassetti in comune e spazzolini da denti nello stesso bicchiere. La libertà della distanza di prima, si trasforma in angoscia della perdita… per sempre? Per quanto? Sapere come sta l’altro, come respira, di che umore è… se resiste, se ce la farà… Un vortice. Un vortice che si conclude – nelle video&chiamate, nei messaggi… – con l’esasperante domanda (che serve a rassicurasi): mi ami?
A questa domanda che cosa si può rispondere?
Sopratutto se non si sa bene cosa voglia dire. In amore, ti amo. Come quando si fa l’amore e si dice “ti amo”… è facile, direi persino banale!
Devo uscire da questo meccanismo della incomprensione. Crearmi una espressione del tutto mia per esprimere quello che provo. Perché continuare – smisuratamente in questo tempo assente – a dire ti amo non dà la misura di quello che provo. Che va oltre e al di là…è ciò che veramente sento dentro di me!
Perciò ti ripeto da un mese a questa parte: cuccurucucu paloma!