Il bicchiere

Questa è la mia filosofia di vita: si nasce, si vive, si muore. Durante questo percorso ogni tanto il bicchiere è mezzo pieno e ogni tanto è mezzo vuoto. Quand’ero un neonato, il bicchiere era decisamente vuoto. Ero molto piccolo, pesavo tre chili e otto etti. Nudo. La vita era tutta una sfida: imparare a camminare, imparare a parlare, a usare il cucchiaio, ad allacciarmi le scarpe, a pulirmi il sedere. Una cosa dopo l’altra. Poi, dovetti affrontare un’altra serie di ostacoli: asilo nido, medie, liceo, università. È lo stesso per tutti, no? Imparare a guidare, trovare lavoro, casa e l’anima gemella. Si fa tutto questo finché non ci si ritrova in un negozio per comprare il nostro primo apparecchio televisivo, e in quel momento ci rendiamo conto che siamo arrivati. Sei diventato adulto. Il bicchiere è ora mezzo pieno. Questo è il tuo televisore, basta solo andare a casa e accenderlo. Ora devi sfangartela nel mondo e se sei molto fortunato puoi avere la tua parte di successo. Che consiste nell’avere un barbecue, un televisore con lo schermo più grande, e nel dire cosa deve fare alla gente più giovane di te. Puoi prenotare le vacanze tutto compreso, usare a tutto spiano la carta di credito, e fare l’abbonamento a tutte quelle riviste patinate che con il campioncino in regalo ti fanno condividere il dolce profumo del successo. Tu vai avanti così per venticinque anni finché un giorno ti alzi dal televisore, passi davanti allo specchio e dici: “Amore, chi è quel signore anziano, grigio obeso, con le palle sotto il menisco che mi sta fissando?”. Qualcuno mi vuole rispondere? Qualcuno mi vuole rispondere?
Praticamente, si va di male in peggio, finché ti ritrovi incontinente, rincoglionito e con la bavetta alla bocca, su di una sedia a rotelle in una di quelle case di riposo per anziani costruite senza uscite di sicurezza vicino allo svincolo dell’autostrada col volontario che ti grida nell’orecchio buono: “Forza su, avanti, sai fare di meglio! Non è un atteggiamento positivo questo!”. E tu ti caghi addosso per la quarta volta quel giorno. Ma non pensiamo al futuro adesso, perché se c’è un momento nella vita in cui ci si può onestamente guardare negli occhi e affermare: “Il mio bicchiere è mezzo pieno”, ebbene, io ci sono, in quel momento.
Eppure… è una giornata bellissima e io penso “Com’è bello, mi va tutto bene”. Guardo il cielo blu e odo gli uccellini che cantano, tengo per mano il mio bambino e tutto sembra perfetto… e invece no! Perché c’è sempre il telegiornale che ti ricorda che da qualche parte qualcuno sta male, ma così male che non te lo puoi neanche immaginare. Ma sì, proprio in questo momento, mentre sto dicendo queste cose, da qualche parte, in Africa, c’è una marea di esseri umani che sta lentamente morendo di fame. Un mare di scheletri ambulanti, e loro se ne stanno sotto lo stesso cielo blu, lo stesso sole e anche loro stanno tenendo per mano i loro bambini. E questi genitori che stanno morendo di fame quando si chinano verso i loro bambini denutriti, coi loro testoni, le pancine gonfie, gli occhi pieni di mosche, a cosa staranno pensando? “Il bicchiere è mezzo pieno o è mezzo vuoto?”. E poi, di cosa?
Africani che muoiono di fame, africani che muoiono di fame, africani che muoiono di fame! Rovinano tutto, eh! Ti guastano sempre la festa! Vorrei aiutarli, e ci provo. Gli mando dei soldi. Ma non è che posso risolvere il loro problema. Non so neanche dove sono. Dove sono di preciso? Qualcuno lo sa? Tutto quello che so, è che ce li ritroviamo tutte le sere al telegiornale. Ed io mi deprimo… e MI PRENDE MALE e quando sono giù c’è solo una cosa che mi può tirare su di morale. Prendo la macchina e vado al supermercato, afferro un carrello e comincio a spingerlo su e giù per i corridoi. Non so bene perché, ma c’è qualcosa, nei supermarket, che mi fa sentire meglio. L’ambiente è pulito, ordinato, ogni cosa è al suo posto. E poi il nome, dice tutto: Supermarket, il mercato per Superman. E così mi sento, svolazzando di scaffale in scaffale con la mia mantellina rossa sopra la tutina blu, e… SWISSHH… prendo al volo una bottiglia d’acqua appena sgorgata dai ghiacciai eterni, carbonella dalla trasformazione geologica della foresta amazzonica, batterie alcaline, caffè della Jamaica… e vado avanti finché il carrello è stracolmo e mi avvicino alla cassa. Finalmente mi sento rassicurato, mi sono riappropriato dei miei diritti di vivere in questo ambiente, ora sì, e sapete perché? Perché ho i soldi. Tutto quello che ho appena preso costa un sacco di soldi ed io li ho. E mentre pago, mentre sfilo una banconota dietro l’altra… gliele fruscio… in mano alla cassiera, ed è come un rapporto di sesso puro… è come se la inseminassi con tutto il mio potenziale…
E mentre trasporto i miei sacchetti pieni di ogni ben di dio fino alla mia macchina che, appena lucidata e accessoriata, troneggia nel bel mezzo del parcheggio, io mi sento bene, malgrado tutto. Non sono più depresso… ora sono me stesso, e quel che più conta, sento che mi merito questa vita, perché lavoro sodo, lavoro veramente sodo. Cerco di mantenere il mio matrimonio bello e sano, vado in palestra, dedico molto del mio tempo prezioso ai miei figli. Mi sforzo. Metto la massima protezione quando sto al sole e mi passo tutti i giorni il filo interdentale. Sono un buon giocatore di squadra e gioco secondo le regole: pago le carte di credito prima della scadenza, non faccio tardi la sera, non bevo mentre guido. Non prendo droghe, non scambio mia moglie con quella del vicino, non mi faccio l’ultimo goccetto alle quattro del mattino, non supero il limite di velocità, non sputo, non bestemmio, non urlo, non corro, non ballo…
O sali sull’autobus o scendi, ma devi rispettare le regole: non farti prendere dal panico, non perdere la bussola, metti il preservativo su tutto, uccello, lingua, occhi, naso, dito, culo, cervello. Impara il tuo codice fiscale a memoria e non sparire. Insomma, non camminare sul lato sbagliato della strada!
In cambio di questa buona condotta, mi compro una macchina nuova con il telefono cellulare già installato. Ora posso guidare e parlare al telefono e questo mi fa sentire ancora più arrivato. Così chiacchierando al telefono arrivo ad uno stop e vedo un barbone che fruga nella spazzatura. E va bene, benissimo, tutto quadra, perché io so che faccio il meglio che posso e lui fa lo stesso. Vorrei aprire il finestrino e dargli un dollaro, e dirgli: “Questo è per te fratello, io sono qui per te, io ti voglio bene e quando arriverà la rivoluzione, io sarò dalla tua parte”. Io ci sono per tutti, io faccio parte di tutti i comitati di beneficenza, indosso le loro coccarde, i loro nastrini, le loro magliette e i loro distintivi per dimostrare la mia solidarietà. Leggo il giornale ogni mattino e guardo il telegiornale ogni sera, e leggo e ascolto tutte quelle storie tristi. La sofferenza che c’è in quelle storie io me la carico sulle spalle. Questo è il mio fardello. Mi preoccupo… quindi sono. E poiché so di preoccuparmi, poiché io partecipo, il mio bicchiere non è solo mezzo pieno, è pienissimo, trabocca: il calice della mia vita è colmo d’amore! Ed io bevo con gioia dal mio calice della vita. Bevo con amore, bevo tanto che la mia vescica è strapiena e devo pisciare, bevo e piscio, piscio e bevo, amore. Siamo tutti pieni d’amore!
Così va il mondo. Ma se ci pensiamo bene, fra cento anni io sarò solo un mucchietto d’ossa in una scatola, e anche voi e anche quel barbone. E allora quello che avrò fatto o non fatto in questa mia insignificante vita non farà una gran differenza. Ma l’avrà per me, se avrò vissuto, amato e mi sarò interessato agli altri. Questo è l’importante. E quando sarò due metri sottoterra leggeranno versi immortali sulla mia tomba: “Venite gente, venite, sorridete ai vostri fratelli e alle vostre sorelle, AMATEVI l’un l’altro, ora, adesso!”.

da "Piantando chiodi nel pavimento con la fronte" | Eric Bogosian