La responsabilità dello sguardo

Sono uscito presto. Per capire come funziona fuori dalle mura di casa. Mi piace il sapore del… virus al mattino, avrei potuto dire a me stesso!
La visione del mondo indossando la mascherina è diversa. Mi ci devo abituare. Eh sì, perché oggi, ancora più di prima, sarà lo sguardo fondamento del nostro condividere e convivere sociale. Assumerà un valore quasi etico.
Sarà lo sguardo a tramutare l’Altro da oggetto della mia percezione a soggetto che mi guarda. Come due specchi posti uno di fronte all’altro parallelamente. Esperienza meravigliosa di simmetria! Ma chi specchia chi?
I due specchi si danno l’illusione reciproca di una profondità infinita
Sarà allora lo sguardo a far vivere l’Altro! E solo l’esperienza dell’essere-visto-da-altri, potrà farmi dire “Io”, come scriveva Sartre.
Pensavo questo, mentre girovagavo. Ma ho visto anche con piacere che i carburanti ai distributori hanno un prezzo al litro inferiore di quasi 30 centesimi rispetto all’ultima volta che ho fatto rifornimento! Bene.
Non ci pensavo a caso a questa cosa dello sguardo. Ero “preparato”. Sì, perché prima di tutto questo, stavamo facendo dei convivi teatrali itineranti presso dimore private. Tra gli argomenti che il padrone di casa poteva scegliere “la responsabilità dello sguardo” è stato il più gettonato. Avremmo dovuto farne uno proprio a qualche giorno dalla fermata!
Ritornando a casa – perché intanto per strada s’è fatta quasi la folla – ho riletto quello che avevamo preparato e la conclusione mi è sembrata a suo modo profetica:
…La questione è che lo sguardo rimanda a se stessi, alla possibilità di poter essere visti. Alla intuizione della propria vulnerabilità, la paura di avere un corpo che può essere ferito, la consapevolezza di occupare uno spazio. Attraverso lo sguardo mi apro all’altro:
Egli mi guarda. Tutto in lui mi riguarda. Niente mi è indifferente.
Non mi ha degnato di uno sguardo!” . Esperienza terribile.
Tra esseri umani si è insieme, prossimi e al tempo stesso distinti, distanti, si è altri, divisi, separati, eppure si appartiene a una medesima carne, una medesima umanità. Differenza nell’unità, unità nella differenza.
Un legame possibile solo per mezzo dello sguardo, del riconoscimento dell’altro in quanto tale. Se non esistesse questa possibilità, non ci sarebbe niente da dire, né da fare, non ci sarebbe nulla di valido e tutto sarebbe… indifferente!