L’attesa

C’è questo sabato che sembra quasi domenica e si lascia vivere con una indolente apatia.
Sarà forse perché non c’è più l’attesa per l’avvio della FASE 2. Eh sì, perché di questa fase che verrà, una sola cosa appare chiara: sarà confusa!
Ogni Governatore di ogni regione si aggiusta il DPCM a modo suo; sindaci che si fanno le loro personali ordinanze… dio non voglia che pure l’amministratore di condominio s’inventi qualcosa… così, giusto per farci sapere che è ancora vivo!
Ci aspettavamo francamente una sceneggiatura più incisiva per chiudere questa fase. Dopo due mesi di sconvolgimento delle vite come mai avremmo potuto immaginare neanche in sogno, stiamo invece scivolando nell’oblio: basta pizze e focacce, basta torte e zeppole fritte, basta pane fatto in casa… Le scorte di farina e lievito sono via via scemate verso il nulla di una bella margherita prenotata online… come tutti i sabato sera di… di prima!
Prima. Ma prima quando? Non ci sarà più quel prima nel dopo che verrà. Gli somiglierà probabilmente. Ma non sarà più lo stesso. Un altro prima. Che però dobbiamo ancora aspettare venga a compimento. Ci saranno ancora due settimane di confusione per quel che capisco io. Perché onestamente credo che il finale non sia piaciuto manco a loro, intendo Governo, governatori e compagnia bella!
Il 18, dài… il 18 forse… il 18! Perché da lunedì che cazzo puoi fare?! Certo, riapriranno i “produttivi” (non tutti), ma non la scuola, non i teatri, non i cinema, non le palestre, non i bar, non i ristoranti… nemmanco le partite di calcio possiamo vederci… Intanto abbiamo finito le scorte delle cose da fare: non inizio a leggere un nuovo libro che tanto me lo potreste interrompere da un momento all’altro; ho finito di dare una mano di vernice alle ringhiere del balcone… del dirimpettaio… Cioè lui si è messo lì 20 giorni a pitturare ringhiere ed infissi. Io lo seguivo dal mio balcone… lo incoraggiavo nei giorni di vento, guardavo – come un vecchio al cantiere – come proseguivano i lavori; ho visto ad un certo punto spuntare su diversi balconi, stesi ad asciugare, i peluche! Grandi, piccoli, enormi… colorati: una invasione di peluche stesi al sole. Non c’era più niente da lavare (del resto tranne la tuta che cazzo abbiamo “sporcato”) che è toccato ai poveri peluche impolverati da anni sulle mensole di bambini cresciuti!
Manco l’inno d’Italia che alle 18.30 della sera qui si ostinano ancora a cantare, sembra essere più lo stesso. Quando si arriva a “siam pronti alla morte” sento un calo d’umore generale nel coro dei vicini…
Aspettiamo. Aspettiamo anche perché molti “esperti” dicono che è ancora presto, che non siamo ancora in sicurezza…

Estragone E adesso che facciamo?
Vladimiro Non lo so.
Estragone Andiamocene.
Vladimiro Non si può.