Le ideologie ci separano, i sogni e le angosce ci riuniscono

Non so voi, ma a me capita ogni mattina di svegliarmi e pensare che quello sia un risveglio come un altro.
Ma basta solo il tempo del pensiero per riportarmi all’assurdità di questi giorni!
La strana sensazione che sia tutto inverosimile. Come mi apprestassi a vivere ancora un giorno sognandolo: no! quindici giorni fa ero al cinema; passeggiavo in un centro commerciale alla ricerca degli ultimi saldi; mangiavo in quel ristorante del quale si parlava così bene su “repubblica sapori“… Era quella la vita sognata o è questa? Questa nella quale siamo precipitati da un momento all’altro senza neanche rendercene conto?!
Ma poi, c’è il caffè da mettere su, immaginando di dare una normalità a quel che normale non è più.
Come la foto dei camion militari che per le vie di Bergamo trasportano le bare dei morti altrove. Mi suscita sentimenti contrastanti. Non riesco a guardarla!
Non è la pietà la prima – ragionevole forse – sensazione. Ma l’angoscia.
Quel lungo rosario di camion richiamano scene di film, scenari di guerra. Mi è molto piaciuta la serie Chernobyl. Ecco, la prima sensazione è stata quella: rivedere un fotogramma di quella fiction!
L’angoscia è ciò che non inganna dice Lacan.
Ed è effettivamente così che mi sento guardando quella foto. Nudo. Al cospetto di me stesso come in poche altre circostanze della mia vita.
Non ho mai molto amato Kierkegaard. Per meglio dire, non è mai stato la mia prima scelta. Tuttavia, il sentimento che provo al cospetto di quella foto lo sento proprio come una “vertigine”: da un lato il poter sempre scegliere perché tutto è possibile, principio assoluto con il quale ho vissuto fino ad ieri l’altro, ed ora – qui – l’indeterminatezza di fronte a questa situazione!
Sì, quando tutto è possibile, è come se nulla fosse possibile perché la possibilità non si riveste di “andrà tutto bene” o di “ce la faremo”, ma è la possibilità del nulla!