Lo scemo del villaggio

In ogni paese c’è lo scemo del villaggio!
Lo dice Foucault che “era tradizionale che in tutti i villaggi ci fosse qualcuno che veniva chiamato lo scemo del villaggio”.
Da ragazzo c’era anche nella mia città. Passava ogni sera, a piedi ovviamente. Non so da dove venisse o dove andasse. Era puntuale come un orologio. Col tempo i ragazzini neanche più lo prendevano in giro… Era parte integrante del “villaggio”.
Del resto Goffman nella sua opera Stigma… (1963), ricorre alla figura paradigmatica del “village idiot” per illustrare uno dei quattro “tipi” (quello integrato) nella sua tassonomia quadripartita della devianza.
Il mio indossava una vecchia divisa militare. Gli scarponi i calzettoni, il pantalone alla zuava… come avevo visto in qualche film sulla guerra. Ecco, proprio come ne LA GRANDE GUERRA di Comencini.
Ancora oggi, nella mia città di provincia, c’è uno che ha voluto fortemente indossare la divisa da vigile urbano. Indossatala, si sente insignito di una specie di “carica pubblica”: a volte fa il parcheggiatore, a volte incasina il traffico, altre accompagna i funerali…
La divisa.
Lo scemo del villaggio ha necessità della divisa… Gli serve perché probabilmente non sa chi è… perché ha un “disturbo della personalità” come si dice!
Per carità, non ho letto Goffman… Però è stata la parola “devianza” che mi ha attratto nella descrizione dei suoi “tipi”.
La divisa.
Ne vediamo indossate tante e di diversi “tipi” in questi ultimi mesi, da chi non ne ha ragione per appartenenza o mestiere: poliziotti, vigili del fuoco, finanzieri e finanche… polizia penitenziaria!
Che divertenti questi scemi del villaggio chiamato Italia!